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IL PENSIERO

 - Il Pensiero & il "pensiero umano" -


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Noi esseri umani siamo una forma di pensiero che è quel che è, e ha le sue peculiarità dalle quali non si sfugge, la più importante delle quali è la sua NON possibilità di transitività al di fuori di esso stesso.
Ovviamente sempre considerando che anche la possibilità o meno di transitività, così come l'interno o l'esterno, sono soltanto "pensieri pensati" e non peculiarità noumeniche "esistenti" da qualche parte.
E con queste peculiarità dobbiamo barcamenarci al meglio cercando di "tradurre" altre peculiarità che oggi ci è già possibile tradurre, ma che non ha ancora tradotto nessuno finora. Per cui è un lavoro da fare.
Dacchè il Pensiero esiste da sempre e ovunque, non ha alcun bisogno dell'essere umano e possiede esclusivamente una "potenzialità" che NON si esprime nei "pensieri", per cui nessuna forma specifica.
Mentre il "pensiero umano" nasce "come" uomo, ergo nella forma-uomo, in un download infinito di sè stesso dentro le possibilità che gli offre il Pensiero, possiede la possibilità di "pensare" entro ben determinate strutture ontiche NON transitive che lo compongono quali Metafisica - Nominazione - Essentizzazione - Senso - Linguaggio, e si concretizza nei suoi "sensi" intesi in senso fisico, anch'essi di default, tra i quali la parola, il visivo, l'uditivo e via dicendo.
E queste sono strutture, dopodichè ci siamo noi che con queste strutture dobbiamo fare i conti.




Il Pensiero è la causa generatrice di tutto l'Universo e della causa stessa, e non scomparirà mai.
Potrà scomparire l'uomo e ogni altra forma di vita dall'Universo, potrà scomparire l'Universo stesso, ma il Pensiero non scomparirà mai.
Il Pensiero è ciò che fornisce la "pensierità" a tutte le forme di pensiero espresse negli enti (energia, materia, uomo, atomo, particella, ecc.), ergo:

IL PENSIERO E' L'ENTE.

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 IL PENSIERO SCIENTIFICO E RAZIONALE


Sovente sento dire, da parte di vari appartenenti alla allegra banda degli "esoterici", che in un tempo antico (sottinteso migliore del nostro) avrebbe imperato un tipo di pensiero, che, invece di essere soltanto primitivo e grezzo com'era, sarebbe stato più creativo, immaginale, sensoriale, simbolico, mitologico, metaforico, archetipico, "aperto", maggiormente attento alle pluralità significanti dell'esperienza e dei piani più o meno "sottili" che sottende, naturalmente preposto alle fantasie di un Giordano Bruno o peggio di un Jung, tanto per capirci; mentre, da un certo punto della storia in poi, e in genere qui si cita Cartesio (anche se era ancora abbastanza "fantasioso" anche lui), ma diciamo dal '600 in poi, avrebbe preso il sopravvento un tipo di "mentalità" illuministica, scientifica, più razionale, fredda e poco preposta per le fantasie irrazionali, che avrebbe buttato via il bambino con l'acqua calda di un presunto sapere antico (che NON c'è mai stato) votandosi, appunto, esclusivamente al pensiero logico-razionale e al dato scientifico e fenomenologico, che sarebbe andata scivolando sempre peggio fino ai giorni nostri.

E notiamo che ci sono stati persino dei filosofi che l'hanno pensata in tal modo, Heidegger in primis per esempio, ma persino Nietzsche ogni tanto, per non parlare della cobriccola degli idealisti, degli esistenzialisti, e compagnia bella, che ancora oggi criticano il mondo della tecnologia e lo accusano di ogni tipo di nefanda responsabilità.

Ora io, che nutro una viscerale antipatia per tutto ciò che "sa" di antico, di esoterico, di ermetico, di gnostico, di alchemico, di "magico", di astrologico, di teologico, di mistico, di religioso, di orientalistico, di cabalistico, di ebraico, di platonico, di aristotelico, di muffa, di vecchio e via dicendo, e questo anche a causa di grossi problemi gastro-intestinali miei, non penso affatto che in giro vi sia un surplus di pensiero scientifico, ma penso invece che ve ne sia ancora troppo poco.

Disarmantemente troppo poco.

E penso anche al disastro culturale che hanno provocato TUTTE le pseudo-culture antiche, superstiziose, mistiche, animistiche, tanto cretine  da pensarsi esoteriche o iniziatiche, filosofie a dir poco penose, che non hanno mai dedicato nemmeno un istante ad approfondire che "cos'è" il pensiero, e che "cos'è" il senso, ma si sono semplicemente limitate ad usarli in tutte le accezioni possibili e immaginabili, mascherati appunto da pensiero "immaginale", poetico, fantastico, "aperio", ecc.

E qui dobbiamo aggiungerci anche quello che attualmente passa per "pensiero scientifico" ma che veramente scientifico non lo è ancora per niente, perchè, magari senza saperlo, si porta ancora dietro troppi retaggi linguistici e significanti introiettati da quel passato "creativo" di cui parlavo, compresa la pessima abitudine di continuare ad utilizzare il pensiero senza chiedersi che cosa cavolo sia e da dove arrivi, nonchè non avere ncore nessuna coscienza della enorme valenza della Metafisica (NON quella aristotelica, o anche cartesiana, spinoziana, o comunque quella ancora comunemente intesa), con la quale viene elaborato QUALSIASI concetto anche della scienza.

E qui come esempio potrei citare subito quella che oggi passa come "intelligenza artificiale", ma gli esempi sarebbero infiniti.

Ergo la scienza sa forse spiegare che cos'è il pensiero? che cos'è il senso - non il senso della vita ma il senso di per sè, il senso e basta - e cosa sono il mondo, la vita e l'ignoto?

E in una situazione del genere, è ancora possibile affermare che in giro per il nostro mondo occidentale ci sarebbe troppa cultura logico-scientifica? O che ci sarebbe troppa tecnologia che tarperebbe la naturale "creatività" e ricettività eidetica dell'essere umano? O che nell'antichità quei pisquani esoterici, egiziani o altri, avessero qualcosa da insegnarci di meno che assurdo o ingenuo nel migliore dei casi?

Ma ci rendiamo conto che sostenendo ciò non facciamo altro che prenderci per il culo da soli?

Che l'immensità e la vastità degli infiniti universi, sia fisici che metafisici, come la complessità dei nostri corpi e delle loro malattie, richiedono una quantità di pensiero sempre più scientifico e razionale che non ci sognamo ancora nemmeno di avere?

E noi stiamo ancora lì a perdere tempo con le nostalgie per il passato e con i merletti delle sue fantasie?


- A. Vigna 

Un paio di considerazioni su Gödel, su Dio e sul luogo del Senso - di Andrea Vigna



Gödel vedeva nella teoria degli insiemi, e nella matematica in genere, una forma di conoscenza "reale" e non puramente astratta o concettuale, nonostante prescinda dall'esperienza dei sensi e si basi esclusivamente sull’intuizione mentale. Similmente a Parmenide, egli concepiva la logica "formale" come unita indissolubilmente a un contenuto "sostanziale".


Un altro risultato, di cui spesso si parla a sproposito, è la dimostrazione nel 1970 dell'esistenza di Dio, inteso come ente che assomma tutte le qualità positive di un dato insieme. Tale teorema deriva dal concetto di ultrafiltro ed ha poco a che vedere con la teologia tradizionale, sebbene nascesse anche da esigenze di carattere esistenziale e religioso. Per comprendere la sua Ontologisches Beweis, ovvero la sua prova ontologica di Dio, occorre tener presente come Gödel avesse sempre avvertito l’urgenza di trovare un ordine logico-matematico da porre a fondamento dell'esistenza dell'universo.

Un tale ordine gli sembrava fosse garantito solo dalla necessità logica dell’esistenza di Dio, ossia dalla dimostrazione di un Essere che assommi in sé le qualità positive di tutti gli enti reali. Come nel primo teorema di incompletezza, Dio doveva rappresentare quella Verità che non dipende da calcoli umani, ed è perciò assoluta e non relativa. Riemerge qui l’impostazione platonica di Gödel, nonché la sua forte stima per il filosofo tedesco Gottfried Leibniz, di cui riprende la prova ontologica e la definizione di Dio come la somma perfetta di «ogni qualità semplice che sia positiva e assoluta».(da Wikipedia)

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Ora qui ci sono due considerazioni da fare:

La prima che è vero che la logica "formale" è unita indissolubilmente a un contenuto "sostanziale", ma questo focalizza assolutamente l'attenzione su quell'"unione" rivelando il ruolo di Dio come:

Ciò che, "nel" Pensiero, fornisce al pensiero umano - nella forma della logica formale - la possibilità di "unirsi" ad un contenuto "sostanziale".

Che non ha nessuna altra possibilità trans-concettuale (e NON metafisica) se non di "chiamarsi" appunto: Dio.

E la seconda relativa al fatto che Dio NON è l'ente che assomma tutte le qualità positive di un dato insieme, quella somma perfetta di «ogni qualità semplice che sia positiva e assoluta» di Leibniz - ergo assolutamente NULLA di "religioso" - bensì è l'Ente in sè che dà la "possibilità" alle qualità positive di un dato insieme di darsi come "qualità positive di un dato insieme".

Qualità che vengono poi prodotte e percepite in una forma di pensiero (il pensiero umano) che si dà appunto "come" metafisica logico-formale, "unita" indissolubilmente (da Dio) a un meta-contenuto sostanziale.

Ma perdipiù dà anche alla "somma" la possibilità di darsi come "somma", e di essere percepita come tale all'interno di un senso "coglibile" e "possibile", che deriva appunto da quell'unità di logica formale e contenuto sostanziale, da Dio stesso prodotta (ATTENZIONE: da Dio, NON dall'Essere).

Da cui si vede come tutta la riflessione di Gödel fosse ancora inscritta in una metafisica che dava per scontato il senso, e da qui quelle sue "esigenze di carattere esistenziale e religioso" e quella sua urgenza di trovare un ordine logico-matematico da porre a fondamento dell'esistenza dell'universo.

Due esigenze a dir poco assurde, ma tant'è che in molti casi, sia nel mondo della scienza che della filosofia, siamo ancora a quel punto lì.

Gödel, come tutti gli altri, non ha mai risposto alla domanda "Perchè ciò che è pensabile è pensabile?", e a questa domanda si può rispondere soltanto ponendo bene l'attenzione sulla sequenza strutturale esistentiva nella quale tutti quanti noi, uomini e cose, siamo inseriti (gettati per dirla con Heidegger) e nella quale esistiamo, e cioè:

- Il Tutto delle "cose" (gli enti).

- Il "Pensiero", che dà la possibilità ai vari tipi di pensiero di esistere ("Pensierità" e "Pensabilità").

- Il "pensiero umano", che è un tipo di pensiero con una sua struttura interna molto precisa dalla quale non si esce (Senso - Contrada - Metafisica - Essentizzazione - Nominazione - Linguaggio).

- e per ultimo il "Senso", che deriva appunto da quella "unione" indissolubile di logica formale e contenuto sostanziale, la quale fa sì che un pensiero pensato possa trovare una qualsiasi rispondenza/corrispondenza con qualcosa che abbia "di suo" e a priori la possibilità di essere pensata, e che è determinato da ciò che noi chiamiamo "Dio" proprio per isolarne il contesto significante nei confronti sia dell'Essere che del "pensiero umano", e che ovviamente svolge il ruolo fondamentale e più importante.

Dio non è quindi l'Essere, nè il Pensiero, nè la Causa: Dio è Dio e basta. Ed è ciò che consente il Senso.

Per questo rimane Dio il punto centrale sul quale focalizzare la nostra attenzione, ovviamente in termini strutturali e NON religioso-esistenziali alla Gödel, perchè tutto ciò che "esiste" è un grande gioco di strutture (ergo di senso), e l'informazione è sempre informazione "di strutture sulle strutture".


Il Pensiero (di cui non sappiamo niente ma soltanto "che c'è") è l'Ente che conferisce a tutto ciò che esiste la "possibilità" di avere un senso e di essere quel senso. Tale senso verrà poi assegnato e percepito in vari modi dalle infinite forme di pensiero esistenti nell'universo, una delle quali è il pensiero umano.

La modalità specifica del pensiero umano è quella di assegnare il senso all'interno della Metafisica dell'Essere, una modalità come un'altra ma l'essere umano "usa" quella, altri pensieri, i fiori, le molecole, usano altre modalità.

Perdipiù il Pensiero è l'Ente che conferisce ANCHE a tutto ciò che NON esiste la possibilità di avere un senso e di essere quel senso, in primis a Dio.

Il Pensiero è la terra nella quale il SENSO può crescere e fiorire, mentre i SEMI di codesto senso sono le infinite forme di pensiero che appartengono agli enti, una delle quali è il pensiero umano.

Il PENSIERO e il "pensiero umano" - di Andrea Vigna



Il Pensiero è ciò che dà la "possibilità" agli enti di darsi "nel" senso, senza specificare "quale" senso, non ha importanza. E' l'Ente.

Tale Pensiero esiste di per sè e non ha alcun bisogno dell'uomo o di qualcun altro.

Dopodichè c'è il "pensiero umano", e ovviamente l'uomo, che ha bisogno di lui per "essere" tale e che con codesto pensiero umano percepisce "UN" senso degli enti, il suo: "visibilità", "sentibilità" e "parlabilità" (anche dello stesso ente/universo nella sua totalità spazio-temporale, come li "sente", pensa e parla lui) - nella metafisica dell'Essere e della Nominazione, appunto sua propria.
Ora qui sta il gap fondamentale, tra il Pensiero e il "pensiero umano".

E qui Heidegger, ma anche Husserl, e i loro tentativi, peraltro sempre falliti, di fondare qualsivoglia fenomenologia, possono riguardare soltanto le dinamiche delle strutture interne del pensiero umano (appunto Metafisica, Essere, Linguaggio) ma non "uscire" da esso "con" esso.

E dunque la scelta è: o l'elaborazione di un anti-linguaggio, come aveva proposto Heidegger stesso in un certo momento, tenero escamotage per aggirare la metafisica che però porta al blocco espressivo, oppure una decisa opzione verso la necessità di nuovi linguaggi concettuali trans-metafisici (l'opzione di Jünger), linguaggi che possano aprire delle "porte". Da lì non si scappa se non vogliamo arrenderci, dopodichè vedremo.

D'altronde la necessità di capire che cos'è il Pensiero è indispensabile anche per poterlo riprodurre. Ma ripeto, non il pensiero umano, che quello lo conosciamo già e molto bene, bensì il Pensiero tout court.

Perchè il problema non è costituito dal fatto che il Pensiero venga percepito dall'essere umano, perchè qualsiasi "cosa" percepisce il Pensiero, non soltanto l'uomo, il problema è il "modo in cui" l'essere umano percepisce il Pensiero ( e lo riproduce).