Il PENSIERO e il "pensiero umano" - di Andrea Vigna



Il Pensiero è ciò che dà la "possibilità" agli enti di darsi "nel" senso, senza specificare "quale" senso, non ha importanza. E' l'Ente.

Tale Pensiero esiste di per sè e non ha alcun bisogno dell'uomo o di qualcun altro.

Dopodichè c'è il "pensiero umano", e ovviamente l'uomo, che ha bisogno di lui per "essere" tale e che con codesto pensiero umano percepisce "UN" senso degli enti, il suo: "visibilità", "sentibilità" e "parlabilità" (anche dello stesso ente/universo nella sua totalità spazio-temporale, come li "sente", pensa e parla lui) - nella metafisica dell'Essere e della Nominazione, appunto sua propria.
Ora qui sta il gap fondamentale, tra il Pensiero e il "pensiero umano".

E qui Heidegger, ma anche Husserl, e i loro tentativi, peraltro sempre falliti, di fondare qualsivoglia fenomenologia, possono riguardare soltanto le dinamiche delle strutture interne del pensiero umano (appunto Metafisica, Essere, Linguaggio) ma non "uscire" da esso "con" esso.

E dunque la scelta è: o l'elaborazione di un anti-linguaggio, come aveva proposto Heidegger stesso in un certo momento, tenero escamotage per aggirare la metafisica che però porta al blocco espressivo, oppure una decisa opzione verso la necessità di nuovi linguaggi concettuali trans-metafisici (l'opzione di Jünger), linguaggi che possano aprire delle "porte". Da lì non si scappa se non vogliamo arrenderci, dopodichè vedremo.

D'altronde la necessità di capire che cos'è il Pensiero è indispensabile anche per poterlo riprodurre. Ma ripeto, non il pensiero umano, che quello lo conosciamo già e molto bene, bensì il Pensiero tout court.

Perchè il problema non è costituito dal fatto che il Pensiero venga percepito dall'essere umano, perchè qualsiasi "cosa" percepisce il Pensiero, non soltanto l'uomo, il problema è il "modo in cui" l'essere umano percepisce il Pensiero ( e lo riproduce).